Prima di giungere in Ecuador non avevo mai sentito nominare il vulcano COTOPAXI, il secondo vulcano attivo più alto del mondo, con i suoi 5.897 m.
Si trova all’interno del Parque Nacional Cotopaxi, a 50 km a sud di Quito nel cantone di Latacunga nella provincia di Cotopaxi.
La mia prima idea è quella di visitare il parco che, con i suoi 33.393 ettari, è stata la prima aerea protetta dell’Ecuador. All’interno di esso è possibile ammirare alcune lagune, specie di animali, varie tipologie di piante e soprattutto lui, l’attrazione principale, il vulcano Cotopaxi.
Informandomi su internet per sapere i costi e come arrivarci, scopro che il vulcano è scalabile e non serve essere degli alpinisti esperti, ma solo ben acclimatati e allenati. (video)
Contatto alcune agenzie e concordo la scalata con quella che m’ispira più fiducia. Ho due settimane di tempo per prepararmi mentalmente, infatti il tutto è fissato per il 18 e 19 maggio.
Fortunatamente a Quito sono ospite di una coppia conosciuta su Couchsurfing e mi dicono che posso restare da loro senza problemi. Fantastico.
I giorni che precedono la scalata sono pieni di dubbi, di paure, di ansie. Mille domande bombardano la mia testa; ce la farò? Soffrirò l’altitudine? Sarò in grado di arrivare fin lassù? A tutte queste domande c’è solo una risposta: PROVARCI!
Non avrò mai le mie risposte finché non inizio. Finché non muovo i primi passi verso questa avventura.
LA MIA SCALATA SUL VULCANO COTOPAXI
Giorno 1 – 18 maggio 2018
È arrivato il giorno. È arrivato il momento d’iniziare. M’incontro con il gruppo alle ore 09:00 in agenzia a Quito. Siamo in quattro. Oltre me ci sono due ragazzi americani e un signore olandese, non alla sua prima scalata e molto più esperto di noi. Ad accompagnarci in questa avventura ci saranno tre guide di montagna.
Prepariamo gli zaini, ci motiviamo tra noi e finalmente siamo sulla Jeep in direzione Parco Nazionale Cotopaxi.
Per me e per i due americani è la prima volta che ci avventuriamo in una scalata, ma siamo abbastanza carichi e fiduciosi.
Dopo circa un’ora arriviamo a destinazione. Pranziamo per mettere un po’ di energie e affrontare la salita verso il Rifugio José Rivas a 4.864 m.
Prima di parcheggiare la Jeep e iniziare la salita di circa quaranta minuti fino al rifugio, ci cambiamo per abituarci agli scarponi da alta montagna e per indossare gli indumenti più caldi e impermeabili.
La salita è abbastanza ripida, ma la cosa che rende tutto più duro e difficile, è senza dubbio l’altitudine. Lo zaino pesa, siamo a più di 4.800 metri e ad un certo punto inizia anche a piovere. Beh, come inizio non c’è male. Nonostante tutto, ho un buon ritmo, mi sento abbastanza bene e vado spedito.
In circa mezz’ora raggiungo il rifugio. La prima tappa è andata. Sono le ore 16:00 e abbiamo abbastanza tempo per riposarci e caricarci mentalmente.
Ci sistemiamo in una delle camerate del rifugio, lasciando lo zaino e preparando il sacco a pelo per le poche ore di sonno che ci attendono.
L’aria fuori è gelida, saremo a pochi gradi sopra lo zero e il vento rende tutto più freddo. Il cielo è coperto, ma fortunatamente le nuvole mi graziano per pochi minuti mostrandomi la vetta del vulcano così imponente, maestosa e lontana.
I dubbi tornano prepotentemente nella mia mente. Chissà cosa succederà tra qualche ora. Cerco di distrarmi scattando qualche foto, prima di rientrare al rifugio e godermi un caldo mate de coca (una bevanda molto simile al tè, realizzata con le foglie della pianta di coca. I nativi, oltre ad usarle per il mate, le masticano per alleviare il mal di montagna, la fame e la fatica) in compagnia dei due ragazzi americani.
Parliamo dei nostri rispettivi viaggi in modo da non pensare troppo alla sfida che ci attende.
Alle 17:30 siamo a cena. Finalmente le guide c’illustrano il programma, le varie tappe, l’ora di partenza e di ipotetico arrivo e la percentuale di riuscita. Quest’ultima notizia non è delle più confortanti, dato che solo il 50% delle persone arriva in vetta 😱 (o almeno così mi è stato detto).
Alle 18:00 siamo a letto. Abbiamo bisogno di dormire e recuperare le energie. Come si fa a dormire a quest’ora con i pensieri che frullano per la testa? Oltre a questo il freddo è quasi insopportabile.
Ore 23:00, è giunta l’ora di svegliarsi e alzarsi. Quanto avrò dormito non lo so, ma sicuramente molto poco. Sono tutto contratto e pieno di dolori a causa del freddo. Pian piano s’iniziano a svegliare anche gli altri, il rifugio è quasi pieno. Saremmo circa sessanta persone.
Durante la colazione ci guardiamo, poche parole. Qualcuno è concentrato, qualcuno inizia a sentire i sintomi del mal di montagna, ma tutti abbiamo negli occhi la stessa voglia di vedere l’alba da lassù.
Il tempo di prepararci e finalmente ci siamo.
Giorno 2 – 19 maggio 2018
È mezzanotte. Nello zaino ho il minimo indispensabile, ma il cuore è carico per questa sfida.
Si aprono le porte del rifugio e siamo fuori. C’è un vento gelido che taglia la faccia e siamo alcuni gradi sotto zero. Alzo lo sguardo verso il cielo ed è bellissimo, pieno di stelle. Per alcuni secondi mi fermo a guardarle. All’improvviso mi sento come se fossi solo, come se fossi più vicino a loro e passo dopo passo lo sarò sempre di più.
Sono pronto, siamo pronti. Fabian sarà la mia guida. Partiamo tutti divisi in gruppi da due o come nel mio caso solo. Uno dei due ragazzi americani non se la sente di partire; il mal di montagna l’ha steso e non vuole rischiare, come giusto che sia. Non si scherza con la montagna, non si scherza con la vita.
La prima mezz’ora di cammino è su terra. È buio e l’unica luce che illumina i miei passi, è la lanterna frontale posta sul mio casco. Giunti a circa 5.000 m, siamo al ghiacciaio. Monto i ramponi, piccozza ben in pugno e si continua.
Per le prime due ore vado su abbastanza spedito, sono concentrato sul mio obiettivo e voglio solo giungere in cima per vedere l’alba.
Fa freddo, ho la barba e lo zaino congelati. Ogni passo è sempre più faticoso e, data la mia inesperienza, non immaginavo fosse così dura. A complicare ancor di più la situazione è la presenza di neve fresca che rende ogni passo molto più faticoso, dato che le mie gambe affondano almeno fino a metà tibia.
Alle 3:00 siamo quasi a metà strada, ma il peggio deve ancora venire. Piccola pausa per mangiare qualcosa, bere un po’ d’acqua e riposarci. Dopo quindici minuti il freddo è insopportabile, non sento più le mani e i piedi e così chiedo a Fabian di riprendere il cammino. Il cielo è sempre bellissimo e mi auguro che rimanga così almeno fino a quando non avrò raggiunto la vetta.
Molte persone iniziano a mollare. Qualcuno per il freddo, qualcuno per la stanchezza, qualcuno per il mal di montagna ed io, non so come, mi ritrovo d’avanti a tutti. No che fosse una gara, ma personalmente è una grandissima soddisfazione. La mia prima volta. Io che vengo dal mare e sono il più piccolo fisicamente. Si, la rivincita dei bassi 🤣.
Verso le 5:00 non ho più forza, sono veramente stanco, la neve alta rende tutto più faticoso. Fabian mi chiede spesso come stia e se sia sicuro di continuare. La mia risposta è decisa: “SI! Andiamo in vetta, vedrò l’alba da lassù.”
Il percorso seguito generalmente è impraticabile a causa del rischio di valanghe, così cerchiamo una strada alternativa e facendo ciò veniamo raggiunti da altri due ragazzi con la rispettiva guida. Si procede insieme.
A sinistra la parete innevata, a destra il vuoto e nel mezzo uno spazio di circa venti centimetri dove camminare. All’improvviso perdo l’equilibrio e mi ritrovo sorretto dalla corda di sicurezza che ho con Fabian e dalla piccozza che sono riuscito a bloccare nella neve. Ci è mancato poco.
Mi tiro su, mi rimetto in piedi e Fabian mi chiede come stessi. Sono deciso a continuare senza nessun dubbio, ma mi avvisa che la via non è molto sicura e in caso di eccessivo pericolo, dovremo tornare giù senza sé e senza ma, perché giustamente, la vita viene prima di ogni vetta. Mi auguro che questo non accada.
Il cielo inizia a schiarirsi, ormai manca poco, ma non ho veramente più energie. Mi fermo spessissimo e chiedo a Fabian di riposare. Alcune volte mi concede qualche secondo di pausa, altre mi incita: “Vamos italiano, vamos. Cinque minuti, cinque minuti.” Non so quante volte ha ripetuto questa frase e ogni volta il mio pensiero è stato sempre lo stesso, “ma quanto cazzo durano questi cinque minuti?”
Vedo il sole sorgere, vedo la vetta, un ultimo sforzo. Raccolgo le ultime energie rimaste e spingo sulle gambe.
Sono le 06:30, SONO IN VETTA, sono a 5.897 m. Un sogno. Non credo ai miei occhi. Butto lo zaino per terra, mi guardo intorno e sono sopra le nuvole, sono arrivato dove fino a qualche settimana fa non avrei neanche immaginato.
Mi abbraccio con Fabian e gli altri ragazzi giunti con me. Ce l’abbiamo fatta. Recupero tutte le forze finché Fabian non mi dice che possiamo stare solo dieci minuti. Cosa? Sei ore e mezza per salire e posso stare solo dieci minuti?? Non posso crederci.
L’ultima mezz’ora è stata la più difficile. La salita era ripidissima, le energie al minimo e l’altitudine si faceva sentire come un macigno, ma non potevo mollare, non potevo fermarmi a pochi metri dal traguardo. Dovevo raggiungere la vetta, l’avevo promesso a me stesso, avevo promesso che avrei fatto il massimo.
Non riesco a trattenere l’emozione e piango. Essere lassù è qualcosa d’indescrivibile. Le sensazioni, le paure, i dubbi dei giorni precedenti, la fatica, la gioia, la soddisfazione personale, tutto racchiuso in quella lacrime.
Ho raggiunto il mio nuovo record personale. Mi siedo e mi godo quel panorama che resterà per sempre impresso nella mia mente.
Dopo circa quindici minuti è giunto il momento di scendere. Non ho più forza e i miei problemi alle ginocchia rallentano la discesa, ma che importanza ha, per quel che mi riguarda ho realizzato un’impresa.
Ogni tanto mi fermo e guardo il panorama, mi godo gli altri vulcani che si vedono in lontananza, i crepacci, i ghiacciai. Ammiro un paesaggio che ero abituato a vedere solo nei documentari.
Alle 09:30 sono al rifugio. I tre ragazzi del mio gruppo e le due guide mi accolgono con un applauso e tanti complimenti. Mi spiace che loro non siano riusciti a raggiungere la vetta, ma potranno sempre riprovarci.
Seconda colazione e via, verso Quito. Voglio solo farmi una bella doccia calda e dormire. Sono esausto ma super FELICE.
Non ero mai stato a quasi 6.000 m, ma sono sicuro che non sarà l’ultima volta. Questa esperienza ha aperto nuove sfide dentro di me, mi ha fatto riflettere su alcune cose e mi ha cambiato. È stata la cosa più faticosa della mia vita, ma anche una delle più belle.
Questa sfida è stata solo l’inizio di VITA DA WANDERLUST – OVER THE LIMITS
QUANTO COSTA SCALARE IL COTOPAXI
Guida + Attrezzatura:
- $ 280,00 Scalata condivisa con un’altra persona (ogni guida di montagna può portare massimo due persone)
- $ 520,00 Scalata privata
Ogni agenzia ha prezzi diversi e include servizi diversi. Io ho pagato $ 280 tutto incluso, mentre altre mi avevano chiesto un costo extra per il noleggio dell’attrezzatura.
DURATA DELLA SCALATA
Salvo imprevisti, la durata dell’avventura è di due giorni. La mattina del primo giorno ci si ritrova in agenzia a Quito e si rientra verso l’ora di pranzo del secondo giorno.
La scalata dal rifugio dura in media tra le 8 e le 9 ore tra ascesa e discesa.
COSA PORTARE DURANTE LA SCALATA AL COTOPAXI
- Acqua
- Snack (barrette, cioccolato)
- Protettore solare (siamo in altura ed il sole è forte)
- Giacca a vento
- Abbigliamento molto caldo ed attrezzatura (nel caso abbiate la vostra)
- Maglia termica
- Scarpe da trekking
- Antipioggia
- Cappello
- Occhiali da sole
- Burro cacao
- Guanti sottili (da mettere da sotto a quelli imbottiti)
- Torcia frontale con batterie nuove o con tanta carica residua
- Calze pesanti
- Macchina fotografica
- Zaino da 50/60 L
Per consigli tecnici su abbigliamento, accessori e attrezzatura, clicca QUI.
QUANDO ANDARE
Il periodo migliore per visitare le Ande è senza dubbio la stagione secca che va da giugno a settembre. Con l’arrivo dell’estate e della stagione delle piogge, il rischio di valanghe è alto e di conseguenza non si può scalare.
Mi auguro che questo articolo sul Vulcano Cotopaxi ti sia piaciuto e nel caso ti chiedo di lasciare un commento e condividerlo 😊. Enjoy your adventure!
Hai già letto la mia avventura sul Nevado Illimani?
2 commenti
ciao
con che guida/agenzia hai fatto l’escursione?
Ciao Lorenzo, io mi sono affidato alla Imagine Ecuador e mi sono trovato molto bene.