È l’alba e mi trovo al confine tra Bolivia ed Argentina pronto a continuare la mia avventura in un nuovo paese, il quinto per l’esattezza. Cambio i bolivianos che mi sono rimasti, in pesos argentini, in uno dei tanti negozi di cambio che ci sono a ridosso della dogana. Tante persone si avvicinano a me per aiutarmi con lo zaino o per indirizzarmi verso un negozio di cambio, per poi chiedermi la propina ovvero, la mancia.
Supero il ponte che divide i due paesi e al controllo argentino, il nuovo timbro sul passaporto, indica ufficialmente un nuovo inizio. A differenza delle altre dogane, non viene posto il timbro di uscita dalla Bolivia, ma solo quello d’ingresso in Argentina. Da qui raggiungo il terminal di bus ed aspetto il mio, che partirà alle 15:00, con destinazione SALTA. Peccato che siano le 8:00 e non ho altra scelta se non quella di armarmi di pazienza.
Verso l’ora di pranzo, faccio un piccolo giro per cercare qualcosa da mangiare e noto già una differenza sostanziale con i paesi precedenti. Dopo mesi, trovo in una paninoteca un semplice panino con prosciutto crudo e formaggio e non è una visione. Quanto mi manca il cibo italiano.
In serata, finalmente, giungo a Salta, la mia prima tappa e mi dirigo all’ostello “La Covacha” dove vengo accolto da Diego, il proprietario, un ragazzo gentilissimo che, dopo avermi mostrato il mio letto e la struttura mi chiede se fossi interessato a partecipare all’asado (grigliata) organizzato per il giorno successivo. Ovviamente la mia risposta non può che essere SI!
Finalmente assaggerò la carne argentina famosa in tutto il mondo. Dopo messi di zuppe, riso bianco, pollo e trote, non vedo l’ora.
Diego mi presenta anche gli altri ragazzi che alloggiano in ostello chiamandomi “tano”, che non è il diminutivo di italiano, come molti potrebbero pensare, ma di napoletano e anche se io non sono napoletano, poco importa, per loro gli italiani sono tutti “tano”.
Il giorno successivo inizio a esplorare la città, situata a nord dell’Argentina nella Valle del Lerma a 1152 m s.l.m. Conosciuta come Salta la linda (Salta la bella) è una città molto tranquilla, con un clima caldo e secco che attira ogni anno tanti visitatori.
Passeggiando nel suo piccolo centro storico, raggiungo il cuore della città, ovvero PLAZA 9 DE JULIO chiamata così in commemorazione del giorno della indipendenza argentina, dove sono presenti i principali monumenti della città, el CABILDO DE SALTA sede della autorità dal 1626, la CATTEDRALE di NOSTRO SIGNORE e della VERGINE del MIRACOLO, il MUSEO di ARCHEOLOGIA di ALTA MONTAGNA, il CENTRO CULTURALE D’AMERICA e il TEATRO PROVINCIALE.
Tra questi merita una visita il Museo, che racconta, conserva e mostra al suo interno tre mummie di bambini (due bambine e un bambino) in ottimo stato. Queste mummie sono state ritrovate nel 1995 a più di 5000 m s.l. m. sul VULCANO LLULLAILLACO nel reperto archeologico più alto del mondo.
Il Niño, la Niña del rayo e la Doncella, così sono chiamate le mummie, sono un sacrificio che il popolo Inca fece alle proprie divinità. Rispetto ad altre popolazioni, però, gli Inca non erano soliti sacrificare umani, preferendo lama neri, ma quando lo facevano, sceglievano i loro sacrificati tra i bambini più belli ed appartenenti a famiglie importanti dell’impero. Questi, accompagnati dai loro genitori, dovevano raggiungere a piedi Cusco, la capitale dell’Impero, dove venivano mostrati in piazza ed erano sottoposti ad alcuni riti di purificazione. Da qui, sempre camminando, raggiungevano il luogo del sacrificio, in questo caso il Vulcano Llillaillaco a un’altitudine di 5000 m, prima di essere storditi con la chicha, la birra degli Inca ottenuta dal mais, e seppelliti vivi.
Le rigide temperature hanno permesso che si conservassero in ottime condizioni. Queste mummie risalgono a circa 500 anni fa e questo dimostra, oltre all’atrocità del sacrificio, le grandi abilità montane che aveva questo popolo.
Le mummie non sono esposte contemporaneamente, ma a rotazione vengono inserite in una teca vetrata con scarsa luminosità per cercare di salvaguardarle il più possibile.
Oltre alla cattedrale, merita una visita anche la BASILICA E CONVENTO DI SAN FRANCESCO.
Per gustarmi il tramonto, decido di raggiungere il punto panoramico più alto della città a 1482 m s.l.m. ovvero sul CERRO SAN BERNARDO da dove è possibile ammirare quasi tutta la città, magari, sorseggiando una buona tazza di caffè o mangiando qualche “salteña” la tipica empanada di Salta. C’è anche chi effettua sport nell’apposita aerea attrezzi o sorseggia l’immancabile bevanda argentina, il mate.
Questo infuso di erba rappresenta per loro una vera e propria tradizione. Si prepara l’erba di mate (una pianta sudamericana che cresce tra Argentina, Uruguay, Paraguay e sud del Brasile) in un piccolo recipiente, chiamato anch’esso mate, si versa un po’ d’acqua calda e si sorseggia con la “bombilla” (una specie di cannuccia metallica con un filtro alla base per evitare che l’erba la ostruisca). Man mano che l’acqua si consuma, se ne aggiunge altra. Quando un argentino vi offre il mate, sorseggiate senza dire nulla, perché accettarlo e ringraziare significa che non ne desiderate più.
Per salire sul cerro, si può prendere la funicolare o camminare. Sono circa 300 metri di dislivello e non è molto faticoso.
Il giovedì sera, imperdibile è la serata alla CASONA DEL MOLINO dove tra musica, balli e personaggi pittoreschi, il divertimento è assicurato. Il bello di questa peña (locale argentino dai piatti e balli tipici) è l’atmosfera creata dai clienti che s’improvvisano intrattenitori. Alcuni di essi, a turno e nelle varie sale o giardino, iniziano a suonare e cantare e tutti gli altri accompagnano in coro. È un luogo di puro divertimento e dove, tra l’altro, ho scoperto che il drink tipico degli argentini è Fernet e Cola. Il nostro amaro unito alla Coca Cola, per loro è sacro. Uno dei tanti aspetti che mostra la nostra forte influenza in questo paese. Non per niente, gli argentini sono chiamati gli “Italiani d’America”.
Un altro luogo molto turistico e pieno di ristoranti, bar, peñas è la zona Balcarce. Durante la cena, sarete accompagnati dalle divertenti e coinvolgenti note della Cumbia uno dei balli tipici argentini e sud americani, insieme al Tango.
Ho passato alcuni giorni a Salta, città che mi è molto piaciuta per i suoi ritmi blandi, per il clima, per gli incontri e per le nuove amicizie che sono nate e che mi ha già mostrato alcune differenze sostanziali tra l’argentina e i paesi che l’hanno preceduta. La cosa che mi più mi ha colpito, è stata la sensazione di sentirmi, in alcuni momenti, come se fossi in Italia. Alcuni piatti sono molto simili, così come alcuni stili di vita. Quando ho conosciuto un argentino con origini italiane, era inevitabile che mi raccontasse la sua storia.
Altra cosa tipica degli argentini, è il loro accento, completamente diverso e distinguibile dagli altri. A primo impatto mi sono subito piaciuti e mi sono sentito a mio agio con loro. Se l’inizio è questo, non vedo l’ora di continuare ad esplorare questa terra.