Ti è mai capitato di guardarti indietro, guardare ciò che sei stato o hai vissuto e quasi non riconoscerti? Beh se la tua risposta è affermativa, forse riesci a capire ciò che provo ogni volta che la mia mente e i miei ricordi mi portano indietro nel tempo e precisamente a prima di quel 28 febbraio 2018 che, per certi aspetti, potrei definire come la data della mia rinascita.
Ma andiamo con ordine…
Chi mi segue o legge da un po’ sa che il 28 febbraio 2018 è iniziato il mio viaggio, zaino in spalle, in Sud America. Un’esperienza incredibilmente bella, intensa e formativa che mi ha cambiato e trasformato nella persona che sono oggi e mi ha insegnato a vivere e guardare la vita in maniera differente.
Quello che molti non sanno, però, è come sono arrivato a prendere questa decisione. Cosa mi ha spinto a mollare tutto e stravolgere la mia vita, apparentemente serena, che scorreva dritta lungo la tangenziale della vita seguendo le varie tappe preimpostate di una esistenza definita “normale”?
Per iniziare mi soffermerei sul significato della parola “normale” che il sito treccani.it definisce: «Che segue la norma, conforme alla norma, quindi consueto, ordinario, regolare…»
Chi ha deciso che il percorso che segue la maggior parte della gente, ovvero andare a scuola, diplomarsi, laurearsi, fidanzarsi, trovare un lavoro, compare casa, sposarsi e avere un figlio sia la normalità?
Per essere chiaro io non ho nessun problema con chi si rispecchia in questo percorso, anzi sono felice per loro, ma intuivo che la mia strada era diversa. Mi ero reso conto che per sentirmi libero e felice avrei dovuto lasciare l’asfalto e imboccare uno svincolo senza indicazioni e senza nessun percorso tracciato su qualche mappa.
Questo bisbiglio interiore si è fatto strada dentro me e, con con il passare del tempo, è cresciuto fino a diventare un caos irrefrenabile . Ogni volta che le ferie giungevano al termine e un viaggio si concludeva, non per mia scelta, ma per la volontà di qualcun altro mi sentivo in gabbia, quasi soffocare e l’unica via d’uscita era quella di organizzare o sognare già la prossima avventura.
Per cercare di liberarmi dal mio malessere interiore, provavo a parlare con la mia ex compagna e alcuni amici, ma in cambio ricevevo sempre la stessa risposta: «Cosa vuoi farci, la vita funziona così. Questa è la normalità, non viaggiare sempre.»
Queste poche parole, oltre a non essermi per niente di aiuto, mi trasmettevano rassegnazione. Avrei dovuto reprimere e provare a strozzare il mio malessere, semplicemente perché ciò che desideravo per me era diverso dalla “normalità”.
Per anni ho provato a farlo. Ho vissuto una vita non mia. Mi sentivo sbagliato perché ero l’unico, tra i miei amici o conoscenti, a sognare e desiderare qualcosa di diverso. Mi ripetevo che la vita funziona così e che avrei dovuto cercare di sfruttare al massimo i pochi giorni di ferie che avevo all’anno.
Sognavo terre lontane che forse non avrei mai potuto visitare, perché non avrei avuto abbastanza tempo o semplicemente non sarebbe stato il periodo giusto.
Nel frattempo i miei amici continuavano a sposarsi, a compare casa e ad avere figli. Ho partecipato a così tanti matrimoni che sarei potuto diventare un Wedding Planner di successo grazie all’esperienza accumulata 🤪
Il tempo passava e la mia infelicità cresceva. Avevo smesso di parlare del mio malessere, perché tanto nessuno capiva ciò che provavo. Dovevo soffocare questa mia voglia di cambiamento. Alcune volte riuscivo a farlo, mentre in altre era troppo difficile a la voce interiore era sempre più forte e insistente.
L’unica persona che si era accorta di questo mio malessere e continuava a ripetermi che non stavo vivendo la mia vita era mia sorella, nonostante non condividessimo più lo stesso tetto e non avessimo un gran rapporto.
Il 16 luglio del 2015 è successo qualcosa che ha scosso ancora di più il mio stato d’animo e ha aumentato i decibel della mia voce interiore.
Mentre guidavo la mia auto per rientrare a casa, dopo aver trascorso una piacevole serata in compagnia di amici a pochi passi dal mare, ho sentito un rumore fortissimo. Un’auto a tutta velocità mi aveva tamponato. All’improvviso mi sono ritrovato a roteare come una trottola, schiantandomi diverse volte contro il muro prima di arrestare la mia corsa su un marciapiede.
Non avevo ben chiaro cosa fosse successo, so solo che quei secondi furono interminabili.
L’auto era ridotta in rottami, ma fortunatamente io ero quasi illeso.
Nelle settimane successive pensai molto a quello che era successo e la domanda che continuavo a ripetermi era la seguente: «Se in quell’incidente fossi morto, sarei stato sodisfatto della mia vita o avrei avuto rimpianti per tutto quello che avrei voluto fare e invece ho rimandato?»
La risposta purtroppo non lasciava libera interpretazione. Sicuramente avrei avuto mille rimpianti per tutte le cose non fatte o rimandate e per tutto il tempo perso a vivere una vita non mia o a fare cose che non mi facevano stare bene.
Il tempo appunto. Una delle cose più preziose che abbiamo, ma che puntualmente tendiamo a non dargli importanza, fino a quando ci rendiamo conto che ce ne resta poco o niente.
Quante volte mi è capitato di parlare con persone anziane o molto più grandi di me e sentirmi dire: «Ah se tornassi indietro quante cose farei…»
Una volta anziano, mi piacerebbe guardare al passato e dire: «Cazzo, quante cose ho fatto! Molte più di quante avrei mai immaginato.» Questa è la vita che vorrei. Piena di cose che mi fanno sentire realmente vivo.
Nonostante tutto questo malessere continuasse a crescere dentro me, nel gennaio del 2017 ho iniziato a cercare casa con la mia compagna dell’epoca. Mi illudevo che costruendo qualcosa insieme, forse avrei trovato la strada giusta e tutte quelle voci sarebbero tornate dei bisbigli, prima di spegnersi definitivamente.
Illusione. Pura illusione.
Con il passare dei mesi non riuscivamo a trovare nessuna casa con le caratteristiche che avremmo voluto e questo lo vedevo come un segnale. I dubbi continuavano a crescere dentro me. La voce che credevo si sarebbe affievolita, diventava sempre più forte fino a non riuscire più a contenerla.
Come se non bastasse, il 16 luglio 2017, esattamente due anni dopo il mio incidente in auto, mi trovai coinvolto in un altro sfortunato evento. Mentre ero alla guida della mia auto, scoppiò lo pneumatico anteriore e per non so quale fortuna non mi schiantai contro il guardrail.
Tutte le sensazioni, le paure e le domande che avevo provato due anni prima, vennero prepotentemente a galla. Da allora non avevo fatto niente per migliorare la mia situazione. Anzi avevo cercato di nascondere e sopprimere tutto convinto che con il tempo anche io mi sarei adeguato “normalità”.
Pensavo che diventando più grande, avrei cambiato mentalità, ma in realtà non facevo altro che mentire a me stesso. Sapevo che stavo male, ma non avevo ancora ben chiaro quale fosse la strada da intraprendere per risollevarmi.
Ero cosciente che avrei voluto cambiare vita, ma non avevo ben chiaro cosa avrei dovuto fare, fino a quando non ho iniziato a leggere il libro “L’orizzonte, ogni giorno, un po’ più in là” di Claudio Pelizzeni.
Nella prima parte del libro rivedevo la mia vita. Le sue parole sembrano uscite dalla mia mente. In passato avevo letto diversi libri di viaggiatori. Di persone che avevano avuto il coraggio di seguire i propri sogni costruendo la loro vita, disegnando la loro normalità, ma il libro di Claudio era diverso o semplicemente io ero diverso.
Nell’agosto del 2017 ho avuto il mio primo approccio con il Sud America. La meta scelta era il Cile.
Il programma era quello di trascorrere un paio di giorni nella capitale Santiago del Cile, prima di volare sull’isola di Pasqua e concludere il viaggio nel nord del Paese, nel Deserto di Atacama, uno dei luoghi più aridi al mondo.
Qui, oltre a godere di paesaggi che sembravano appartenere ad altri mondi e ad ammirare cieli meravigliosamente belli e stellati, conobbi nella piccola piazza di San Pedro di Atacama, alcuni backpacker provenienti da diverse parti del mondo.
La cosa che li accumunava non era solo uno zaino sulle spalle, ma un vero e proprio stile di vita. Alcuni avevano scelto di viaggiare a tempo indeterminato e si mantenevano facendo piccoli lavoretti o volontariato nei vari ostelli, ovvero dormivano gratis in cambio di alcune ore di lavoro.
Quella piccola e sabbiosa piazza mi aveva aperto un mondo. Cosa avevano loro più di me? Perché loro potavano farlo e io no? Cosa m’impediva di cambiare la mia vita? Beh le risposte erano varie: la mia compagna che sognava una vita completamente diversa dalla mia con una casa nostra e dei figli, un lavoro a tempo indeterminato che mi permetteva di viaggiare una volta all’anno, più una serie infinite di paure, dubbi e domande alle quali non sapevo dare una risposta.
La verità, però, era una sola. Mi mancava il coraggio di prendere in mano la mia vita e provare a costruirla seguendo il mio cuore.
Durante il volo di rientro, mentre leggevo le ultime righe del libro di Claudio, guardai la mia compagna e le dissi che avevo capito il motivo del mio malessere e finalmente sapevo cosa avrei dovuto fare: partire per alcuni mesi e vivere un’esperienza zaino in spalle.
Solo il pensiero mi eccitava, ma non sapevo che da lì a poco sarebbe iniziato il periodo più nero della mia vita.
«Ok perfetto parto, ma per quanto tempo? Cosa dirò al lavoro? Magari potrei chiedere un’aspettativa di due mesi e viaggiare in Patagonia… ma non mi concederanno mai l’aspettativa…»
Questi erano solo alcuni dei quesiti che mi ponevo e ai quali non trovavo risposta.
Le notti iniziarono a diventare insonni. Non avevo più fame e voglia di fare niente. Senza accorgermene ero entrato in un tunnel e non riuscivo a vedere nessuna via d’uscita, anzi. Più andavo avanti e più era tutto nero.
Tutta questa situazione era diventata più grossa di me e la depressione aveva preso il sopravvento. Il mio viso aveva cambiato espressione. I miei occhi erano spenti. Ormai stavo precipitando in un pozzo senza fine.
Passavo le giornate chiuso in ufficio a piangere. Non riuscivo a lavorare. Non riuscivo a fare niente e non avevo voglia di uscire o vedere nessuno. Vedevo tutto nero, senza una soluzione, fino a quando decisi di farla finita.
Presi un taglierino e mi chiusi in bagno. Le vene del polso erano bene in vista. Finché qualcuno si fosse accorto della mia assenza, io avrei già salutato questo mondo, ma fortunatamente non ebbi il coraggio di farlo.
Qualche giorno dopo la scena si ripetette, ma questa volta fu diverso. Mi guardai allo specchio e non mi riconobbi in quello che vedevo. Io non ero così. Dove era finito quel ragazzo pieno di energia e voglia di vivere che avrebbe voluto viaggiare alla scoperta mondo?
A ciò si aggiunsero le parole di mia sorella, che nonostante non avessimo mai avuto un rapporto idilliaco e ci dividessero migliaia di chilometri, sapeva come stessi e provava a scuotermi. A darmi coraggio.
Quel giorno, qualcosa dentro di me cambiò. Veramente avrei voluto chiudere la mia vita a 32 anni senza almeno provarci? Non volevo darmi neanche una possibilità? Lì, in quel piccolo bagno sentivo di aver finalmente toccato il fondo ed aver trovato lo slancio per iniziare la risalita.
Avevo deciso che la soluzione migliore non era chiedere l’aspettativa o altro. L’unico modo era quello di dimettermi e non avere nessun tipo di vincolo o scadenza.
Ormai avevo deciso e mi mancava solo doverlo comunicare, ma gli amici, o quelli che credevo fossero tali, iniziarono a prendermi per pazzo. «Ma sei fuori di testa? Hai un lavoro a tempo indeterminato e lasci tutto per andare a fare il vagabondo? Cosa pensi di trovare? Quando torni cosa farai? Le persone dell’età tua devono pensare a farsi una famiglia!»
Queste erano solo alcune delle cose che mi ripetevano giornalmente e invece di aiutarmi mi stavano massacrando. A nessuno importava come realmente stessi. Per loro era solo un capriccio egoistico perché pensavo solo a me e non a chi avevo accanto.
Ma se non si sta bene con sé stessi, come si può regalare serenità a chi è al nostro fianco?
Nel frattempo i miei erano molto preoccupati nel vedermi così e non avendo dialogo, nelle loro menti si erano immaginati ogni tipo di scenario: “Hai problemi con la droga? Hai debiti con qualcuno? Problemi a lavoro?” Così un giorno all’ennesima domanda li guardai e li tranquillizzai. Gli dissi che non avevo nessuno dei problemi che loro ipotizzavano, ma semplicemente avevo deciso di cambiare la mia vita e partire per il Sud America.
In quel momento calò il silenzio, fino a quando mio padre mi disse: «Se questo ti aiuterà a farti stare bene e pensi sia la decisione giusta, noi siamo dalla tua parte».
Sinceramente tutto mi sarei aspettato da mio padre, tranne una frase del genere. Forse erano troppo preoccupati per me e, sentirsi dire che il motivo del mio malessere era vivere un’esperienza che sognavo e provare a costruire una nuova vita, per loro fu come tirare un sospiro di sollievo.
Lo step successivo fu quello di parlarne con i miei titolari e dirgli che dopo più di 7 anni insieme, le nostre strade si sarebbero divise.
Dopo aver fatto ciò, mi sono sentito leggero, come se mi fossi liberato di un grande macigno. Ormai la salita procedeva spedita e più progettavo e immaginavo questa avventura, più i miei occhi riprendevano a illuminarsi e il mio viso tornava a sorridere.
Oltre al lavoro si concluse definitivamente anche la storia con la mia compagna, e il 28 febbraio del 2018, dopo poco più di due mesi di preparativi, iniziava quella che sarebbe diventata l’esperienza più bella della mia vita.
L’idea originale era quella di partire senza troppi programmi e girare il Sud America per circa 6 mesi, ma dopo un mese in viaggio avevo capito che non sarebbero bastati e così iniziai a viaggiare senza tempo e senza nessuna scadenza. Avrei preso tutto il tempo necessario.
Finalmente dopo anni mi sentivo davvero LIBERO e SERENO come non lo ero mai stato nella mia vita.
Quel viaggio mi ha cambiato, migliorato e stravolto. Anche quelli che non avevano capito la mia scelta e non la condividevano, con il passare del tempo mi dicevano che vedevano nei miei occhi una luce diversa.
I miei occhi, cosi come l’espressione del viso, erano cambiati.
Viaggiare mi ha dato la possibilità di conoscere tante persone da ogni parte del mondo, ognuno con una storia diversa alle spalle. Ho conosciuto persone molto più grandi di me, mettersi in gioco e cambiare la propria vita.
Ho scoperto tanti modi di vivere, molto diversi rispetto a quello a cui ero stato abituato. Molte persone lavoravano da remoto o erano nomadi digitali.
Nel 2023 questo stile di vita è molto diffuso e conosciuto, grazie anche ai social media, ma solo 5 anni fa non lo era, o almeno non per me.
Oggi, a cinque anni di distanza, dopo mille esperienze in giro per il mondo, mi trovo a Perth, in Australia dove da circa 3 mesi è iniziata una nuova grande avventura che sono sicuro mi regalerà momenti meravigliosi, semplicemente vivendo la mia vita. La mia normalità.