Lasciata alle mie spalle Hornopiren, mi rimetto in viaggio per continuare la discesa lungo la CARRETERA AUSTRAL diretto a CHAITÉN, piccola cittadina situata nella Regione de los Lagos, sulle sponde del Golfo del Corcovado, di fronte all’Isla Grande de Chiloé.
Molti mi hanno parlato bene di Chiloé, che però si trova sulla Rute 5 e non sulla Ruta 7 e, non andarci un po’ mi dispiace, perché non so se mai tornerò in questo bellissimo paese, ma ho scelto di percorrere la Carretera Austral e di conseguenza sarò costretto a saltarla.
A metà mattinata raggiungo la piazza principale di Hornopiren dopo aver fatto colazione a casa di Ielmo e aver scambiato due chiacchere con lui. Ero curioso di sapere come si vivesse in Patagonia, se l’inverno facesse veramente così freddo, cosa fanno quando non c’è turismo e tanto altro. Insomma, ero curioso come un bambino.
Il viaggio per Chaitén sarà lungo, ma ormai sono abituato e qui in Patagonia, durante gli spostamenti, si ha la possibilità di ammirare paesaggi meravigliosi e differenti tra una località e un’altra.
Dopo un brevissimo tratto in bus, c’imbarchiamo su un traghetto per circa quattro ore navigando tra i fiordi cileni. Peccato che il cielo grigio e le nuvole nascondano le vette circostanti e rendano i colori più cupi e spenti, ma il panorama che si presenta ai miei occhi è qualcosa d’indescrivibile e in alcuni tratti sembra quasi spettrale.
Le montagne sono interamente coperte da una fitta boscaglia e non mancano alcune piccole cascate che hanno origine dai ghiacciai che stanno iniziando a sciogliersi. Dopo tutti questi mesi in viaggio, riesco ancora a sorprendermi, a emozionarmi e a rimanere senza parole. La Patagonia, questo luogo così ostico e difficile, si sta confermando chilometri dopo chilometri, quella meraviglia che tutti descrivono. Non è un caso se molti la sognano e vorrebbero scoprirla.
Mentre sono sul ponte della nave, penso a quanto sia fortunato nell’ammirare tutto questo e sono ancora più affamato di scoperta. Se finora, che sono solo all’inizio, mi ha già stupito e fatto innamorare, cosa mi riserverà fino alla fine? Quali altri luoghi magici rapiranno il mio cuore? Quali meraviglie si rifletteranno nei miei occhi? Non ho risposte, ma solo una gran curiosità.
Le temperature sono rigide e così mi alterno tra il ponte della nave e la sala interna, ovviamente sempre con vista panoramica.
Dopo un breve tratto, in cui abbiamo alternato la navigazione allo spostamento via terra, giungiamo a Caleta Gonzalo, dove abbandoniamo definitivamente il traghetto e proseguiamo via terra per circa due ore fino ad arrivare a Chaitén.
Durante il tratto in bus, il paesaggio si trasforma. La fitta vegetazione lascia spazio a un bosco via via sempre più arido e secco, fino a giungere a una zona completamente disboscata. Questo disastro è stato causato dall’eruzione del vulcano Chaitén il 2 maggio del 2008. L’esplosione ricoprì di cenere alcune zone del bosco, che ne causò l’inevitabile morte.
L’eruzione fu fortissima e la cittadina fu interamente evacuata, rendendola a tutti gli effetti una città fantasma. Il fiume che la fiancheggiava, a causa delle frane e smottamenti dovuti all’eruzione, cambiò il suo corso dividendo la città in due parti, quella nord e quella sud.
Dopo qualche anno la città riprese a ripopolarsi, ma molti non fecero più ritorno. Alcuni per paura e altri perché non avevano più niente per il quale tornare.
Al mio arrivo, comunque, sembra ancora una città fantasma. Poche persone in giro, negozi quasi tutti chiusi, eccetto qualche supermercato.
Inizio a camminare in cerca di qualche campeggio, ma non essendo ancora alta stagione, molti sono chiusi. Incrocio sul mio cammino un ragazzo al quale chiedo se ne conoscesse uno aperto, ma non mi lascia neanche il tempo di finire la domanda, che chiama un suo amico, il quale lavora presso un campeggio e in dieci minuti mi passa a prendere. La cordialità che sto trovando in Patagonia ha pochi equali. Sarebbe bellissimo se nel mondo fossimo tutti più cordiali e gentili con il prossimo, senza essere troppo diffidenti o pronti ad attaccarlo per qualunque cosa. Se fossimo tutti più sereni e soddisfatti delle nostre vite, lo saremmo sicuramente, ma purtroppo molti cercano la causa della propria insoddisfazione in un colpevole, che nella maggior parte dei casi è sempre un’altra persona e mai noi stessi. Nessuno si mette in gioco o si chiede se ciò che ha fatto o fa è quello che vorrebbe realmente. Per molti è più facile ripetersi che ormai è tardi o che lo faranno in una prossima vita, come se fossero certi che ce ne sarà un’altra. La verità è che la vita è UNA e non abbiamo una seconda chance, non possiamo permetterci di sprecarla vivendo la vita che non vogliamo o che qualcuno ha scelto per noi. Noi e solo noi, dobbiamo essere i capitani della nostra vita.
Giunto al campeggio, ho la libertà di scegliere il posto che preferisco, perché ci sono solo io. Monto la tenda, sperando che non piova e mi dirigo al supermarket per comprare qualcosa per la cena. Ho visto che c’è della legna e una grata di ferro e così mi è venuta voglia di carne alla griglia. Fortunatamente sono cresciuto facendo campeggio e questo mi dà la possibilità di sentirmi a casa in certi contesti. Ovviamente li avevo una vera brace e una griglia decisamente più pulita, ma anche questo fa parte dello spirito di adattamento e io amo queste situazioni. Prima di mettermi a letto, parlo un po’ Andres, il proprietario del campeggio e mi racconta un po’ la storia della città e di come molte cose siano cambiate dopo l’eruzione vulcanica.
Le giornate in viaggio, almeno per quel che mi riguarda, iniziano molto presto soprattutto quando mi ritrovo sotto la pioggia. Non ci voleva. La tenda è tutta bagnata e chiuderla non sarebbe l’ideale, così la sposto sotto una tettoia per cercare di farla asciugare e nel frattempo mi dirigo alla biglietteria per comprare il ticket del bus che mi porterà a COYHAIQUE la mia prossima destinazione. Qui incontro casualmente Caterina, una ragazza conosciuta a Puerto Varas, anche lei diretta verso la stessa città.
In questo peridio di bassa stagione (novembre 2018), ci sono solo due bus che partono in direzione di Coyhaique, il mercoledì e la domenica. Fortunatamente oggi è mercoledì, ma gli imprevisti sono dietro l’angolo e Nicolas, l’addetto della biglietteria, ci comunica che oggi non sarà possibile partire perché il bus non c’è e non sa perché. Ottimo direi. Nel frattempo è aumentata l’intensità della pioggia e non possiamo lasciare la biglietteria. Con Caterina iniziamo a pensare a una soluzione, ma in realtà ce ne sono ben poche. O aspettiamo domenica, ma sarebbero troppi giorni o proviamo in autostop, anche se le probabilità che qualcuno ci dia un passaggio sono realmente poche, date le pochissime auto in circolazione e rischieremmo di passare solo tanto tempo al freddo sotto la pioggia battente.
Mentre io e Caterina cerchiamo una soluzione, Nicolas appena scopre che sono italiano, inizia a raccontarci tutta la storia dei suoi nonni italiani, di cui uno barese e dal quale ha ereditato il nome, Nicolas in onore di San Nicola, protettore del capoluogo pugliese.
Quando lo sconforto inizia a prendere il sopravvento, arriva in “aiuto” Alex, un amico di Caterina automunito che sarebbe dovuto ritornare verso nord, ma fortunatamente ha cambiato idea e i 467 km che ci separano da Coyhaique li faremo in auto.
Non perdiamo neanche un minuto perché il viaggio sarà lungo ed è già tardi. Corro al campeggio, chiudo la tenda, che purtroppo è ancora bagnata, e iniziamo il viaggio on the road.
Purtroppo la pioggia non ci dà tregua e questo, oltre a rendere la strada sterrata più pericolosa, ci vincola un po’ sulle varie soste che vorremmo fare. Il panorama circostante ci lascia senza parole e alcuni luoghi meritano assolutamente di essere visti e fotografati, come un bellissimo fiume di color verde acqua, il Salto del Condor una delle tante piccole cascate che si possono ammirare lungo la Carretera e la strada stessa. Che sogno fermarsi qui, su una delle strade più belle al mondo, senza nessuno e immortalare questo momento tanto desiderato e atteso.
Dopo diverse ore e una sosta pranzo, arriviamo a destinazione in tardo pomeriggio. Coyhaique si trova nella regione di Aysén ed è luogo di partenza per alcune scalate ai monti circostanti uno su tutti il Cerro Castillo, che avrei voluto vedere da vicino, ma in questo periodo è chiuso a causa del rischio valanghe. Peccato.
Fortunatamente le giornate sono lunghe e il sole tramonta non prima delle 21:30, anche se oggi non si è visto. Trovare un campeggio aperto è quasi impossibile e, data la pioggia, non sarebbe opportuno accamparsi, calcolando che la mia tenda è ancora bagnata, così ci mettiamo alla ricerca di un ostello, ma i prezzi sono esagerati e molto al di sopra del nostro budget. Dopo un’ora circa, finalmente troviamo quello che fa per noi, ma mentre ci siamo per sistemare, Alex cambia idea e così le nostre strade si dividono.
È stata una bella esperienza il viaggio in auto con Alex e Caterina, ma abbiamo esigenze diverse e va bene così. Sarò fermo qui un paio di notti e così ne approfitto per lavare qualcosa di abbigliamento e non rischiare di ritrovarmi senza cambi asciutti nei prossimi giorni.
Essere a Coyhaique mi dà una strana sensazione. Dopo giorni di natura e avventura, essere nuovamente in città, mi annoia e intristisce. Fortunatamente presto sarò di nuovo in cammino, sarò di nuovo Into the wild.