Il viaggio è un insieme di sorprese, avventure, sfide, imprevisti, incontri, emozioni, scoperte e soprattutto cambi di programma. In questi sei mesi di viaggio, ho conosciuto tantissime persone ed alcune di loro, mi hanno dato degli ottimi suggerimenti sui luoghi da visitare, come ad esempio l’avventura nell’Amazzonia peruviana, che ad oggi ricordo come una delle esperienze più wild e belle in assoluto.
Ogni incontro, così come ogni cosa che accade, ha un significato. Nulla succede per caso e più passa il tempo e più sono convinto di questo.
Un mese fa, durante il Salantay Trek, ho conosciuto un ragazzo francese con il quale si è instaurata subito una bella amicizia, facilitata dagli interessi in comune. Amanti della natura e dell’avventura, ci siamo scambiati consigli sui luoghi già visitati e su quelli che dovremmo raggiungere durante il nostro cammino in sud America.
Dopo avergli raccontato e consigliato di scalare il Vulcano Cotopaxi in Ecuador, lui mi consiglia di scalare il HUAYNA POTOSÌ, alto 6088 m e situato vicino La Paz nella Cordillera Real. A primo impatto mi sembra una follia. Ricordo come fosse ieri la fatica fatta per raggiungere la vetta del vulcano, ma con il passare dei giorni, questa follia inizia a piacermi. Inizio a pensare che a distanza di pochi mesi potrei già superare il mio record personale e superare i 6000 m, un sogno.
Ormai questa follia ha preso il sopravvento e non posso farci nulla se non assecondarla. Mi piacciono le sfide e questa sembra molto interessante. Contatto subito German, la guida che ha accompagnato Louren, per sapere costi, durata e livello di difficoltà e nel caso per sapere la sua disponibilità. Ci accordiamo su tutto e ci diamo appuntamento a La Paz, nel suo ufficio.
Da quel giorno, ogni cosa che facevo aveva come obiettivo finale la vetta della montagna. Ho iniziato a mangiare più pasta, per avere una buona base di carboidrati, ho fatto diversi trekking e tutti con lo zaino più pesante del necessario per allenare le gambe, il corpo e la mente ad uno sforzo intenso e fortunatamente ero già acclimatato all’altitudine, dato che ho passato più di due mesi costantemente sopra i 3000 m.
Una settimana fa sono arrivato a La Paz e come da accordi, mi sono recato da German per conoscerci e definire il tutto. Mi ha subito ispirato fiducia e questo è molto positivo, perché durante la scalata è molto importante avere feeling con la propria guida. Anche questa volta, così come per il Cotopaxi, non avrò un compagno di scalata, perché ho optato per una scalata in solitaria. Se non dovessi riuscire ad arrivare in vetta, sarà solo per colpa mia o per condizioni avverse e non per colpa di qualcun altro.
La scalata durerà tre giorni, per prendere confidenza con il ghiacciaio e per acclimatarmi ulteriormente. Non vedo l’ora d’iniziare.
GIORNI 1
Da quando ho deciso che avrei provato a realizzare questa follia, sono passate tre settimane ed oggi finalmente, è arrivato il giorno della partenza. Alle 8:30 sono da German, con il mio zaino carico solo del necessario, il cuore pieno di speranza ed il corpo pieno di energia. Mi sento molto bene. Mi sono preparato e sono molto positivo. Dopo un paio d’ore di macchina, inclusa qualche sosta, eccomi al campo base, eccomi dove tutto inizierà.
Mi sistemo, preparo la mia attrezzatura e poi un po’ di relax mentre German prepara il pranzo. Mi guardo intorno, fa freddo dato che siamo a 4700 m s.l.m. Guardo la vetta della montagna e mi chiedo come sarà. Durante il pranzo riempio German di domande, che mi risponde tranquillamente e mi rassicura.
Nel primo pomeriggio, è giunto il momento di iniziare a fare un po’ di pratica. Ci dirigiamo verso il ghiacciaio, montiamo i ramponi e German inizia a spiegarmi come camminare, come utilizzare la piccozza e testarmi un po’. Per me non è la prima volta, ma è meglio essere prudenti. Non si scherza in montagna, non si scherza con la vita. Iniziamo ad andare su, camminando su una superficie abbastanza in pendenza, ma con i ramponi mi sento tranquillo e sicuro. Ad un certo punto German scala una parete di ghiaccio verticale ed a me indica di aggirarla e ci ritroviamo dall’altra parte.
Indosso l’imbracatura perché è giunto il mio turno. Con due piccozze e ramponi, devo raggiungere la vetta di questa parete alta circa 12 metri. Inizio abbastanza bene, anche se non avevo mai fatto nulla di simile e mi sento abbastanza sicuro perché sono attaccato con la corda. Dopo pochi metri, però, inizio a sentire tutta la fatica nelle braccia. Sono mesi che non mi alleno e durante il viaggio ho perso gran parte della mia muscolatura insieme a 7 kg. Non avrei mai immaginato potesse essere così duro. Ho le braccia gonfie e stanche, ma riesco ad arrivare su. Il primo pensiero è, “se domani dovesse essere così, come farò?” Meglio non pensarci oggi. Torno giù e mi riposo. Ne ho bisogno, perché mi sento le braccia esplodere.
Per oggi abbiamo finito, torniamo al campo base per riposarci, cenare e dormire. Domani sarà una giornata faticosa.
GIORNO 2
La notte è passata abbastanza tranquillamente, nonostante il freddo mi sento riposato. Alle 7:00 sono già sveglio, colazione e partiamo verso il campo alto a 5200 m s.l.m.
Ovviamente il cammino è tutto in salita e con uno zaino pesante sulle spalle, la fatica si sente tutta. A questo va aggiunta l’altitudine e non è proprio una passeggiata. Dopo un’ora di cammino, raggiungiamo il punto di controllo e di pago per noi visitatori stranieri e qui, ne approfittiamo per riposarci un po’. Durante la sosta, vedo scendere un ragazzo dalla faccia stravolta, non parla e questo mi spaventa un po’. Provo ad immaginare come sarà, se ce la farò e tutti quei pensieri che si fanno in questo momento.
Sosta finita, si riprende il cammino e tra l’altro sto per iniziare la parte più dura di oggi. Passo dopo passo avanzo abbastanza tranquillamente e mi godo il meraviglioso paesaggio circostante, accompagnato dal vento freddo che non ci abbandona.
Dopo circa due ore e mezza, finalmente siamo arrivati. Che meraviglia. Il paesaggio intorno a noi è bellissimo. Le nuvole, spinte dal vento, coprono e scoprono le cime innevate, le lontane vallate e rendono il tutto più misterioso. Mi fermo lassù, al di fuori del rifugio e penso a cosa succederà tra qualche ora. Mi sento bene, carico e fiducioso e ripeto che ce la farò, che arriverò in vetta per godermi un’altra alba sulla cima di una montagna.
Subito dopo pranzo, le nuvole nascondono tutto, anzi per l’esattezza mi ritrovo all’interno di una nuvola. Ora fa veramente freddo e l’unica cosa che posso fare è stare al caldo nel rifugio. Spero che stanotte le nuvole lasceranno spazio alle stelle, per godermi l’alba.
Alle 17:00 è l’ora della cena e di ripetere il programma della notte. Alle 18:00 sono chiuso nel mio sacco a pelo, alla ricerca del caldo e per cercare di dormire qualche ora. Devo recuperare energie per essere al meglio, ma come si fa a dormire a quest’ora? L’umidità mi entra nelle ossa ed ho tutti i muscoli contratti, mentre i pensieri spaziano da una parte all’altra. Ho già vissuto questa sensazione e questi pensieri, proprio il giorno prima della scalata al Cotopaxi. Allora andò bene e spero che anche questa volta ci sia il lieto fine.
GIORNO 3
Alle 23:00 suona la sveglia. Non so quanto avrò dormito, ma sicuramente poco. Facciamo una rapida colazione, ci prepariamo e siamo pronti per iniziare. Svuoto lo zaino di tutto quello che non serve e lascio solo acqua, snack, macchina fotografica e un doppio paio di guanti per sicurezza. Per caricarmi ho ascoltato in loop la parte iniziale della canzone Whatever you want ed ha funzionato. Sono carico e convinto di farcela.
A mezzanotte siamo fuori. Ci siamo. È finalmente arrivata la grande notte. Come speravo, il cielo è limpido, pieno di stelle e s’intravede la via lattea. Il tempio medio di salita è di circa sei ore e quindi dovrei arrivare su in tempo per l’alba.
Il vento è gelido e dopo pochi minuti ho già le mani congelate. Iniziamo bene.
Procedo abbastanza tranquillamente, molto meglio di come potessi immaginare. Il ghiaccio compatto sotto i ramponi, rende tutto più facile. Ad illuminare il cammino, la piccola luce frontale e le innumerevoli stelle che mi osservano dall’alto. In lontananza si vede La Paz illuminata. Qualche giorno fa, guardavo la montagna dalla città e la mia mente si perdeva in mille pensieri, preoccupazioni e speranze, mentre oggi scalo quella montagna.
Dopo i tratti più duri ci fermiamo un po’ per riposare, recuperare fiato e bere un po’ d’acqua che aiuta a non disidratarsi e ad ossigenare il sangue, ma non per molto tempo, perché il vento ci congela ed abbiamo bisogno di muoverci.
Dopo circa tre ore, German mi dice che stiamo andando troppo velocemente e così propone di fermarci un po’ per evitare di arrivare in cima troppo presto e dover aspettare l’alba lassù. Facciamo una pausa di circa un quarto d’ora, stesi a terra per cercare di ripararci dal vento.
Le gambe e le spalle beneficiano di questa sosta, ma dopo poco tempo il freddo inizia ad essere protagonista. Le mani ed i piedi, tornano ghiacciati nonostante i due paia di guanti e calze, la schiena inizia a contrarsi ed ho freddo ovunque. Non possiamo stare troppo tempo fermi a queste temperature, rischiamo di andare in ipotermia e così ripartiamo, ma con molta fatica. Ho bisogno di tempo e passi per riscaldarmi.
Sono sempre più in alto, sempre più vicino alla vetta e sono sicuro di farcela. Sto bene.
Dopo un’ora di cammino, siamo costretti ad un’altra sosta. German pensava che avrei fatto più fatica ed avrei impiegato più tempo e per questo siamo partiti a mezzanotte. Se avesse saputo che avrei tenuto questo ritmo, ci saremmo mossi più tardi ed avremmo evitato queste spiacevoli soste.
Alle 5:00 siamo vicini alla vetta, ormai manca pochissimo, ma è ancora buio e non possiamo salire, perché moriremmo di freddo. Ci ripariamo dal vento, accostandoci ad una roccia. Sono qui, a pochi passi dal traguardo. Ora ci credo veramente e non vedo l’ora di raggiungerlo.
Mezz’ora, tanto è durata questa pausa prima di ripartire. Questa parte di montagna è roccia e non ghiaccio ed è un po’ complicato scalarla con i ramponi, perché non si ha una buona aderenza e stabilità.
Tornato sul ghiaccio, inizio l’ultima parte di scalata verso la vetta. La vedo, ci siamo, ci sono.
Alle 5:45 sono sulla cima del HUAYNA POTOSÌ. Quella che fino a poche settimane fa sembrava una follia, una pazzia, oggi è realtà. Il sogno di superare me stesso ed il mio record personale è stato realizzato e mai avrei immaginato che sarebbe successo nello stesso viaggio.
Il mio sguardo è rivolto verso est, mentre ammiro il sole sorgere. Sono emozionato, soddisfatto ed orgoglioso di me stesso. Mi sono regalato, con qualche giorno di anticipo, un’alba meravigliosa per il mio 33° compleanno.
La salita è dura, il freddo ti congela, la mancanza di ossigeno ti sfianca, ma le emozioni che si provano quassù, ripagano tutto e sono indescrivibili. Se non provi la montagna, se non provi la scalata, non potrai mai capire cosa vuole dire ed io lo sto imparando piano piano. Io che vengo dal mare e non ho montagne nella mia regione. Io che fino a qualche mese fa, tra mare e montagna avrei scelto ad occhi chiusi il mare, so la differenza tra i due ambienti. So cosa mi regala il mare e cosa la montagna e so quando ho bisogno dell’uno o dell’altro.
Aspetto che il sole sorga per godermi a pieno il panorama. Sono sopra le nuvole e in lontananza si vede da un lato La Paz e dall’altro il lago Titicaca. Di fronte a me L’Illimani, la montagna protettrice della città. Che spettacolo. Pochi minuti in vetta e poi inizia la discesa. La vetta è solo la metà del lavoro, perché dopo essere saliti, bisogna scendere e non sottovalutare i pericoli. Per me la discesa è sempre molto faticosa a causa dei dolori alle ginocchia, ma sono troppo contento. Stringo i denti e via verso il campo alto dove facciamo colazione, prediamo tutto e iniziamo la discesa verso il campo base per poi rientrare a La Paz.
Nonostante qui sia definita la “montagna delle donne” per la sua facilità io mi godo questa soddisfazione.
Un altro ricordo indelebile è stato impresso nella mia mente e nel mio cuore. Prima di salire in macchina mi volto, guardo nuovamente la montagna e sorrido. Mi ha dato il permesso di conquistarla.
Nicolas Helmbacher ha detto: “La montagna ci offre la cornice … tocca a noi inventare la storia che va con essa!”
Beh, io la mia storia l’ho sognata, vissuta, scritta e resa indelebile.
Durante il tragitto in auto per rientrare a La Paz, chiedo a German quali altre montagne più alte del Huayna Potosì si potrebbero scalare e la risposta accende in me nuove pazze idee. La più appetibile è l’Illimani, con i suoi 6438 m. Un giorno mi piacerebbe provarci e perché no, tornare a sognare.
INFO UTILI
Per fare questa scalata bisogna essere accompagnati da una guida autorizzata, a meno che chi decide di farlo, non sia a sua volta guida. Ogni guida può portare con sé una o due persone, ma se una delle due è costretta a scendere per un qualsiasi motivo, tutti sono costretti a tornare indietro. Per questa ragione ho deciso di farlo solo.
Io mi sono rivolto a German, una guida boliviana molto seria e preparata.
La scalata del Huayna Potosì può durare due o tre giorni, in base alla vostra esperienza. Il primo dei tre giorni è dedicato alla pratica della camminata su ghiaccio con ramponi e sull’uso della piccozza.
Prima di provare qualsiasi scalata a queste altitudine, il corpo deve essere acclimatato all’altitudine, quindi se si arriva direttamente dall’Italia o da luoghi di bassa altitudine, bisogna aspettare qualche giorno affinché il corpo si acclimati.
La montagna merita rispetto, sempre e comunque, perciò non fate gli eroi. Raggiungere la vetta è bello, ma viene prima la vita. Se non siete in condizioni, tornate indietro. Avrete la possibilità di riprovarci.
COSTO
Guida: Per la scalata privata ho pagato 1300 bolivianos
Tassa Boliviana: 20 bolivianos
DURATA DELLA SCALATA
Tre giorni (Andata e ritorno a La Paz. Il primo è dedicato alla pratica della camminata su ghiaccio con ramponi e piccozza)
COSA PORTARE
- Acqua
- Snack (barrette, cioccolato)
- Protettore solare (siamo in altura ed il sole è forte)
- Giacca a vento
- Abbigliamento molto caldo ed attrezzatura (nel caso abbiate la vostra)
- Maglia termica
- Scarpe da trekking
- Antipioggia
- Cappello
- Occhiali da sole
- Burro cacao
- Guanti sottili (da mettere sotto quelli imbottiti)
- Torcia frontale con batterie nuove o con tanta carica residua
- Calze pesanti
- Macchina fotografica
- Zaino da 50/60 L
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QUANDO ANDARE
Il periodo migliore per visitare le Ande è senza dubbio la stagione secca che va da GIUGNO a SETTEMBRE, ed essendo inverno la neve è più compatta. Con l’arrivo dell’estate e della stagione delle piogge, il rischio di valanghe è alto e di conseguenza non si può scalare.