Un leggero ma costante rumore mi sveglia. È la pioggia che cadendo, colpisce la mia tenda. È ancora molto presto, credo siano le 06:00 e questa pioggia inaspettata non ci voleva, perché tra qualche ora ho il bus che mi porterà a CALETA TORTEL, la mia prossima destinazione e vorrei evitare di chiudere la tenda bagnata così mi alzo e la sposto sotto una tettoia per cercare di farla asciugare un po’. Fortunatamente la pioggia è veramente sottile, mi ricorda la classica pioggia londinese, impercettibile in alcuni momenti.
Ho trascorso due giorni qui a Cochrane e sono stato abbastanza bene, ma è giunta l’ora di salutare la famiglia che mi ha fatto compagnia nel campeggio, scambiarci gli ultimi consigli sui prossimi luoghi da visitare dato che loro vanno da sud verso nord e io viceversa e raggiungere il terminal di bus. Per evitare spiacevoli sorprese, ho già con me il biglietto, acquistato ieri, ma una volta sul bus, mi rendo conto che è quasi vuoto. Meglio così, posso sistemarmi più comodamente e godermi il paesaggio. Ricordo pochi spostamenti così interessanti e variegati dal punto di vista paesaggistico.
Dopo circa 130 km e tre ore di bus, eccomi a Caleta Tortel, un piccolo villaggio costiero situato nell’estuario del fiume Baker, il più grande del Cile, circondato da paesaggi meravigliosi. Una delle particolarità di questo villaggio, è che formato da tante palafitte in legno e di conseguenza non ha strade, ma bensì una serie di passaggi pedonali e piccoli ponti che collegano le sponde dei vari canali che l’attraversano. Sembra quasi di essere in un villaggio di qualche fiaba, o di un mondo lontano. Che strana, ma piacevole sensazione. A questo, si aggiunge la totale mancanza di segnale telefonico o wi fi, eccetto per alcune zone e questo fa sì che si possa staccare realmente la spina dai social o da qualsiasi contatto che non sia realmente presente vicino a noi.
Il bus si è fermato su un grande piazzale dal quale è possibile ammirare dall’alto buona parte di questo villaggio e, ne approfitto, per cercare di vedere un campeggio che noto grazie all’aiuto di un signore del posto. Si tratta del Campign Tortel ed è facilmente distinguibile grazie alle tante bandierine colorate posizionate sui pali in legno della struttura. Ovviamente anche il campeggio è diverso rispetto agli altri, perché le piazzole dedicate alle tende sono delle piattaforme in legno posizionate una di seguito all’altra, più quattro piazzole situate sotto una tettoia. In una di queste, c’è una tenda di una coppia cilena con la quale faccio subito amicizia e mi chiedono se voglio unirmi a loro per un piccolo trekking nel pomeriggio, ma li ringrazio e declino l’offerta perché oggi non mi sento molto in vena di trekking e preferisco godermi un po’ questo villaggio così tranquillo.
Sistemo il mio igloo, ancora un po’ umido, con la speranza che si possa asciugare in modo da non patire molto il freddo durante la notte e inizio a scoprire Caleta Tortel.
Un’altra caratteristica tipica di questo villaggio, è il colore dell’acqua che lo bagna. A prima vista sembra latte e menta. Avete mai bevuto un bicchiere di latte con la menta? No? Beh il colore è identico. Non avevo mai visto un fiume o corso d’acqua di questo colore e con i raggi solari sembra ancora più chiaro. Che strano, ma sicuramente rende questo luogo ancora più unico e particolare.
Mentre mi dirigo al supermarket mi fermo su alcuni affacci panoramici che regalano dei meravigliosi scorci. Le alte e rigogliose montagne creano un forte contrasto con il cielo azzurro e lo strano colore dell’acqua, sulla quale navigano alcune piccole barche di pescatori.
Oggi è stata una giornata molto rilassante, che si conclude scambiando due chiacchere con la coppia cilena, alla quale chiedo informazioni sul trekking, in modo da farlo domani.
Le piattaforme in legno sono un po’ più scomode e dure del prato, così nonostante il piccolo materassino da viaggio, mi sveglio con qualche dolore alla schiena. Ormai è un po’ che dormo su un materassino alto 1 cm e la schiena inizia a risentirne, ma basta aprire la cerniera della tenda e guardarmi intorno per far scomparire ogni dolore.
Oggi sono diretto al MIRADOR CERRO VIGIA una piccola montagna che s’innalza alle spalle di Caleta Tortel. Il trekking ha una percorrenza di 2,5 km e inizia alle spalle della biglietteria dei bus. Fortunatamente il tempo è bello, c’è il sole e fa anche caldo. Ottimo.
La prima parte è tutta in salita, ma niente d’impegnativo e ci sono dei piccoli tronchi che coprono il fango. Fino a due giorni fa ha piovuto tanto e la terra è ancora abbastanza bagnata. A metà percorso, d’avanti a me appare un luogo quasi surreale. Lo so che l’ho ripetuto tante volte durante il mio racconto della Carretera Austral, ma credetemi quando dico che ogni volta è una sorpresa diversa. In questi giorni mi sento il protagonista di un documentario o il personaggio di un film in un mondo inventato. Non avrei mai creduto di poter ammirare così tante bellezze naturali percorrendo una sola strada. Mi fermo, respiro a pieni polmoni e guardo la vallata che si trova di fronte a me, bagnata dal fiume Baker. A fare da cornice ci sono le cime innevate, accarezzate dalle rapide nuvole spinte dal vento. Sul mio viso l’espressione di meraviglia e incredulità lascia spazio a un sorriso smagliante, il sorriso della felicità.
Riprendo il cammino, per salire ancora più su e poter guardare meglio questo spettacolo, fotografarlo e sedermi un po’ qui, tra la natura e i miei pensieri. Sono completamente solo, senza rumori e senza telefono. È così rigenerante e rilassante. Quante volte mi è capitato di pensare che se non avessi stravolto la mia vita, non avrei potuto vivere quasi nessuna di queste esperienze e la maggior parte dei luoghi visti in questi mesi, non li avrei mai ammirati dal vivo.
Dopo circa un paio d’ore, raggiungo la vetta del cerro dalla quale è possibile ammirare tutto il villaggio. Da quassù sembra ancora più caratteristico. Un piccolo villaggio posizionato nella natura incontaminata, bello da vedere come viaggiatore, ma sicuramente non facile nella quotidianità. L’inverno qui è molto freddo e l’umidità del fiume rende la temperatura percepita ancora più bassa.
Per rientrare al campeggio non percorro lo stesso sentiero, ma decido di scendere dal versante opposto della montagna e raggiungere la spiaggia. Essendo questo lato di montagna situato a ovest e di conseguenza poco battuto dal sole, il suolo è interamente composto da fango e pozzanghere e la discesa non è affatto semplice, ma sicuramente molto divertente. Per evitare il pantano salto da una roccia all’altra o cerco di mettere i piedi su alcuni rami o pezzi di legno che trovo lungo il sentiero.
Eccomi di nuovo alla base del cerro, molto soddisfatto di questo piccolo trekking e del panorama che mi ha regalato, ma ora sono diretto in spiaggia. Ormai sono passati diversi mesi dall’ultima volta che sono stato al mare, al caldo e sinceramente inizio un po’ a sentirne la mancanza. Mare e montagna, due ambienti così diversi e meravigliosamente belli, molto spesso messi a confronto tra loro. Prima di questo viaggio non ero mai stato in montagna e non sapevo quali emozioni potesse regalare. Ora la montagna la amo e ogni tanto ne sento la mancanza perché, rispetto al mare è selettiva e non è per tutti. La montagna è fatica, sudore e regala panorami mozzafiato, mentre il mare è relax, divertimento. Per come li vedo io, la montagna è più solitaria, fredda e chiusa, mentre il mare è condivisione, apertura, calore. Questo aspetto l’ho notato anche nelle persone che vivono e sono nate nei due ambienti. La gente di mare è più solare, aperta, calorosa a differenza della gente di montagna un po’ più chiusa, riservata e fredda. La mia non è assolutamente una critica, sia chiaro, ma una differenza che ho notato nel tempo. Una cosa però è certa, entrambi gli ambienti regalano emozioni e se avessi la possibilità di scegliere, ammirerei l’alba in vetta e il tramonto al mare.
Finita la Patagonia inizierà la lunga risalita sulla costa argentina che mi porterà prima in Uruguay e successivamente in Brasile, dove potrò coronare un altro sogno, ovvero capodanno al caldo. Dopo tanto freddo, dedicherò gli ultimi mesi del viaggio al caldo e al mare, ma prima ho altri meravigliosi luoghi da visitare.
A metà pomeriggio rientro al campeggio, dove sono completamente solo. I ragazzi sono andati via. Per fortuna amo star solo, altrimenti questi giorni sarebbero stati abbastanza difficili.
La sveglia dei giorni in cui devo spostarmi verso la prossima destinazione iniziano sempre nello stesso modo e cioè con la pioggia che bagna la mia tenda ed io che cerco di farla asciugare sotto la tettoia. Sembra quasi fatto apposta.
Il bus partirà alle 14:00 e così ho un po’ di tempo per far asciugare la tenda. Mentre preparo lo zaino, si avvicina un cagnolino nero tutto bagnato e dallo sguardo dolcissimo che mi fa compagnia tutto il tempo, seguendomi persino fino alla fermata del bus. L’avrei voluto portare con me.
Eccomi qui sul bus diretto a VILLA O’HIGGINS, l’ultimo paese della Carretera Austral, l’ultima tappa di questa meravigliosa avventura tanto sognata, aspettata e vissuta a pieno. Questa piccola cittadina nata sulle sponde del lago O’Higgins si trova più a sud di Caleta Tortel di 150 km e per raggiungerla sono necessarie alcune ore tra bus e traghetto.
La strada è quasi interamente sterrata e durante l’inverno i collegamenti sono molti difficoltosi a causa della neve. Gli alti alberi che caratterizzavano la vegetazione fino a questo momento, lasciano spazio ad alberi più bassi e resistenti al freddo. Durante il tragitto parlo un po’ con l’autista per chiedergli come fosse vivere in un posto così isolato e difficile da raggiungere e lui mi risponde che nonostante le difficoltà si trova bene ed è felice, in più con il lavoro che fa, conosce tante persone provenienti da tutto il mondo e questo lo aiuta a crescere e ad avere una visione più aperta.
Prima che la Carretera Austral fosse costruita, Villa O’Higgins era raggiungibile solo via lago e potete immaginare quanto era vincolante tutto ciò.
Appena arrivo a destinazione, mi dirigo diretto a El Mosco un ostello che ha anche servizio camping. Qui incontro tanti viaggiatori, tutti in attesa del traghetto che ci porterà in Argentina. Si sono accumulate tante persone, perché a causa del brutto tempo, il traghetto non è potuto partire nei giorni precedenti. Ci sono due compagnie che offrono questo servizio e salpano due volte a settimana (in bassa stagione), ma dipende sempre dalle condizioni del lago.
Sotto una pioggia costante sistemo la tenda e la riempio con i due zaini per non farla volare via a causa del forte vento. Questa volta ho paura che non resisterà.
Mi riparo al caldo, nella sala comune dell’ostello e mi ritrovo al tavolo con tre uomini cileni, in vacanza senza le rispettive mogli. Iniziamo a parlare, mi offrono la cena e ci raccontiamo un po’ le nostre vite. Con i viaggiatori è sempre così. Ogni volta racconto la mia storia e loro fanno lo stesso. S’imparano tante cose interessanti e si scoprono tanti modi di vivere.
Alle 22:00 sono solo, tutti sono andati a dormire e così dopo essermi riscaldato per bene, raggiungo la mia suite. Il vento è veramente forte e la tenda sta iniziando a cedere. Speriamo resista.
La notte dormo malissimo, fino a quando mi risveglio completamente bagnato. Nella tenda si sono creati diversi buchi ed è entrata acqua. Non ci voleva! Metto subito al riparo i due zaini e sposto tutto sotto la tettoia dell’ostello. Il mio caro igloo ha ceduto la penultima sera, ma va bene così. Per quello che l’ho pagato è duranto anche abbastanza.
Fortunatamente in ostello hanno un letto libero e l’ultima notte sulla Carretera Austral la passerò al caldo.
È finita. Dopo 1247 km di natura, avventura, disavventure, nuovi incontri e paesaggi meravigliosi sono giunto alla fine di questo sogno. Lei, la ruta 7, il sogno di tantissimi viaggiatori non mi ha deluso, anzi mi ha stregato e incantato fino a farmi innamorare. Purtroppo questa non è la stagione migliore e io certamente non sono stato fortunato con il tempo, ma va bene così. Magari un giorno ritornerò e vedrò quei luoghi che in questo periodo sono chiusi a causa della strada impraticabile o per il rischio valanghe. Chi lo sa cosa mi riserverà la vita, ma nel caso così non fosse, non avrei nessun rimpianto.
Domani salperò diretto in Argentina. La discesa verso Ushuaia non è ancora finita.