Oggi, 28 febbraio, festeggio 7 anni dalla nascita di Vita da Wanderlust. 7 anni in viaggio e di vita nomade, di cui circa 2 anni e mezzo passati in Sud America e quasi 2 in Australia. Due continenti agli antipodi, non solo geograficamente, ma anche culturalmente, che per motivi diversi mi sono entrati nel cuore e ho chiamato “casa“.
Vita nomade: Dal baratro alla rinascita
Non avrei mai immaginato di arrivare fin qui. 7 anni fa ero in un tunnel di depressione, con pensieri oscuri e la voglia di farla finita. A volte è proprio quando tocchi il fondo che trovi la spinta per risalire con una forza che non sapevi di avere – come un seme che nel buio della terra trova l’energia per germogliare e cercare la luce.
Ho fatto una scelta radicale: abbandonare tutto per ricominciare. Ho promesso a me stesso che avrei vissuto intensamente, collezionando emozioni e ricordi anziché rimpianti. Perché il rimpianto è un veleno lento che ti corrode dall’interno, consumandoti giorno dopo giorno, come una ruggine che avanza silenziosa fino a quando non resta nulla di solido.
Vita nomade: Trasformato dalle altezze andine
In questi 7 anni sono cambiato profondamente. Sono cresciuto, mi sono arricchito interiormente e ho vissuto esperienze che mai avrei pensato di affrontare.
Ho scalato vette che mi hanno spezzato il fiato per la mancanza di ossigeno. La prima sfida sul Cotopaxi è stata solo l’inizio di un’avventura verticale che mi ha portato fino all’Illimani, a 6.462 metri, dove ho compreso il vero significato della fatica. Ogni passo in quell’aria rarefatta era una battaglia contro i limiti del corpo e della mente. Eppure, quando l’alba ha dipinto di rosso e oro la vetta, ho capito che la vera conquista non era la montagna, ma me stesso.
La barba congelata per il freddo, i muscoli doloranti, il respiro affannoso: tutto si è dissolto in quell’istante di pura meraviglia. Come se l’universo avesse voluto sussurrarmi: “Ecco perché vale la pena vivere”.
Ho attraversato tutte le Ande, dalla Colombia alla Patagonia, come se stessi percorrendo la spina dorsale di un continente antico. Ogni passo era un dialogo silenzioso con la terra, ogni sosta una rivelazione. Indimenticabile il primo sentiero nella Sierra Nevada di Santa Marta per raggiungere la Ciudad Perdida, o il grande sogno Salkantay Trek per arrivare al Machu Picchu – un luogo inseguito per anni e poi vissuto tre volte in poco più di un anno.

Mi sono emozionato osservando i paesaggi surreali della Cordillera Blanca in Perù e della Patagonia a sud. Posti che, se non li vivi, non puoi capire davvero. Luoghi che ti entrano nell’anima e ci restano per sempre, come un tatuaggio invisibile che porti sulla pelle del cuore.
Notti stellate: quando il cielo diventa la tua dimora

Le notti sotto le stelle sono state tra i momenti più trascendenti del mio viaggio. Sulle Ande, mentre la temperatura scendeva ben sotto lo zero, ho visto una Via Lattea così nitida da sembrare dipinta da una mano divina. Il silenzio assoluto delle altitudini, interrotto solo dal vento che accarezzava le rocce, creava una dimensione quasi mistica.
In Australia, sdraiato sulla sabbia ancora calda dopo il tramonto, ho trascorso ore a contemplare l’emisfero australe con le sue costellazioni sconosciute. Il Southern Cross è diventato il mio nuovo punto di riferimento, mentre la notte avvolgeva l’outback in un mantello di buio vellutato punteggiato da miliardi di diamanti celesti.
Ma sono state le notti africane a lasciarmi senza fiato. Nel deserto, lontano da ogni fonte di inquinamento luminoso, il cielo esplodeva di stelle con una potenza quasi violenta. La Via Lattea si manifestava come un fiume argentato che attraversava l’infinito, facendomi sentire insignificante e immensamente parte del tutto allo stesso tempo.
Deserti del mondo: specchi dell’infinito

I deserti sono stati capitoli fondamentali del mio viaggio, ciascuno con la propria personalità e magia. Il Salar de Uyuni in Bolivia mi ha catapultato in un altro pianeta, una distesa infinita di sale accecante dove cielo e terra si fondono in un abbraccio surreale.

Poi i Lençóis Maranhenses in Brasile, un paradosso della natura: un deserto punteggiato da innumerevoli lagune d’acqua turchese, come se un artista cosmico avesse dipinto occhi azzurri sulla sabbia bianca. Correre giù dalle dune per tuffarsi in quelle pozze fresche è stata un’esperienza che ha risvegliato il bambino che è in me.
L’oasi di Huacachina in Perù, questo miraggio verde circondato da dune dorate. La sensazione della sabbia fine che scorreva tra le dita mentre il sole tramontava dietro le dune è un ricordo tattile che porto ancora con me.
Ogni deserto mi ha insegnato qualcosa sul silenzio, sull’essenzialità e sulla resilienza – qualità che ho cercato di incorporare nel mio stile di vita nomade.
Vita nomade: Nelle profondità della giungla

Due compleanni li ho trascorsi nella giungla. Uno nell’Amazzonia boliviana tra capibara, caimani e scimmie urlatrici. L’altro, l’ultimo, nella giungla di Sumatra tra oranghi, gibboni, serpenti e persino un becero rinoceronte. Ogni compleanno in mezzo alla natura selvaggia mi ha ricordato quanto siamo piccoli e quanto sia grande e meraviglioso il mondo.

L’Amazzonia mi ha regalato incontri indimenticabili: anaconda che scivolavano silenziosamente come ombre liquide, scimmie gialle che saltavano tra i rami come acrobati nati, bradipi che si muovevano con la loro caratteristica lentezza, insegnandomi che a volte rallentare significa vivere più intensamente. Ho pescato nei fiumi amazzonici per mangiare, ritornando a una connessione primordiale con la natura, dove ogni pesce catturato era un dono da ringraziare, non un diritto da pretendere.
Un’altra esperienza amazzonica intensa, è stata la navigazione sul Rio delle Amazzoni da Manaus a Belem, dal cuore pulsante della foresta fino alla costa. Cinque giorni su un’imbarcazione locale, dormendo sull’amaca mentre il grande fiume scorreva sotto di me. Ho visto l’alba tingere di rosa le acque scure e ho osservato i delfini rosa emergere come apparizioni mitologiche. Le comunità rivierasche che vivono come si viveva secoli fa, i bambini che salutavano dalla riva, i pescatori che lanciavano le reti con movimenti antichi come il fiume stesso. Tutto mi ha fatto sentire come un testimone privilegiato di un mondo in via di sparizione.

La giungla, con la sua umidità opprimente e la sua energia pulsante, è come un organismo vivente che respira. Ti accoglie ma non ti perdona l’arroganza. Ti insegna che sei solo un ospite temporaneo in un ecosistema perfetto che esisteva molto prima di te e continuerà a esistere molto dopo.
La potenza della natura: Cascate di Iguazú

Le Cascate di Iguazú sono state uno di quei luoghi che ti lascia letteralmente senza fiato. Ricordo ancora il momento in cui mi sono avvicinato alla Garganta del Diablo, sentendo il ruggito dell’acqua prima ancora di vederla. E poi, all’improvviso, quella voragine maestosa, quel precipizio d’acqua che sembrava inghiottire il mondo stesso.
La potenza della natura in quel punto è qualcosa che trascende le parole. L’acqua che precipita con una forza primordiale, la nebbia che si alza creando arcobaleni perpetui, il fragore che sovrasta ogni pensiero. Tutto ti ricorda quanto siamo insignificanti di fronte agli elementi. Stando immobile sul belvedere, completamente fradici o per gli spruzzi che arrivavano da ogni direzione, ho provato quella rara sensazione di sublime terrore che solo i grandi fenomeni naturali sanno suscitare.
Se esistono luoghi che ogni essere umano dovrebbe vedere almeno una volta nella vita, le Cascate di Iguazú sono sicuramente tra questi. Un promemoria umile e potente della forza originaria che ha plasmato il nostro pianeta.
Safari in Africa: occhi negli occhi con i giganti

Una delle esperienze più intense dal punto di vista della fauna selvatica sono state sicuramente le due settimane trascorse in Sud Africa come volontario in una riserva naturale. Mattina e pomeriggio a osservare gli animali della savana nel loro habitat naturale: elefanti che camminavano maestosi nella brughiera come navi che solcano onde di erba dorata, leoni che riposavano all’ombra degli alberi con quella regalità innata, rinoceronti che pascolavano indisturbati come reliquie di un’epoca preistorica, ghepardi pronti a scattare come frecce viventi e ippopotami che sbuffavano nei corpi d’acqua.

Quegli occhi selvatici mi hanno insegnato qualcosa di profondo: la libertà non è un concetto astratto, ma uno stato dell’essere che ogni creatura riconosce istintivamente. Gli occhi di un leone che incontra il tuo sguardo non vedono un fotografo o un turista, ma un altro essere vivente, e in quel momento di connessione c’è una verità che va oltre le parole.
Dalla Patagonia all’Australia: viaggiare ai confini del mondo

Come dimenticare i pinguini della Patagonia e le balene? Le ho riviste in Australia insieme a orche, squali, coccodrilli, serpenti, canguri, koala e tantissime specie di uccelli come i pappagalli e i kukuburra che mi hanno accompagnato durante la mia vita a Perth con i loro canti mattutini, una sveglia naturale che mi ricordava ogni giorno quanto fossi fortunato.
Ho scoperto il Western Australia a bordo della mia 4×4 camperizzata che, tra guadi, strade corrugate e sabbia alta, mi ha ricordato cosa significhi la parola libertà. Quella sensazione di svegliarsi all’alba, accendere il motore e decidere la direzione seguendo solo l’istinto e il cuore, come un moderno esploratore senza mappe predefinite. Il rombo del motore che si fonde con il silenzio dell’outback crea una melodia che risuona ancora nelle mie orecchie quando chiudo gli occhi.
Vita nomade: Mari cristallini e spiagge da sogno
Ho visto spiagge e mari talmente cristallini che farebbero sognare anche chi non ama il mare. I Caraibi della Colombia, dove ho dormito in un’isola/ostello nell’arcipelago di San Bernardo, mi hanno mostrato cinquanta sfumature di turchese che non sapevo esistessero, come se qualcuno avesse rovesciato nell’oceano tutti i toni del blu e dell’azzurro che esistono.
Ho navigato per 5 giorni da Lombok a Flores nell’arcipelago di Komodo, una delle 7 meraviglie del mondo naturale. Ho visto i leggendari draghi, antichi come il tempo, ma i ricordi più vividi sono il contrasto mozzafiato tra la Pink Beach e il mare turchese e trasparente, un quadro dipinto dalla natura con colori impossibili da replicare. Albe e tramonti esplodevano di colori mentre mi addormentavo e risvegliavo cullato dal mare, che sembrava sussurrare storie di terre lontane.

E come non citare le indescrivibili spiagge australiane? Immense, con sabbia bianca e semi desolate, dove le impronte dei tuoi passi sono spesso le uniche visibili per chilometri. Pura magia. Una delle mie preferite? Wharton Beach, senza ombra di dubbio. Mi ha fatto emozionare come poche altre, con quella sensazione di trovarsi ai confini del mondo conosciuto, dove l’oceano e il cielo si fondono in un abbraccio infinito che ti fa sentire simultaneamente insignificante e parte di qualcosa di immenso.
Il mio primo capodanno al caldo in Brasile ha ribaltato tutte le mie tradizioni. Da allora ho capito che preferisco il countdown in t-shirt e pantaloncini a pochi metri dal mare, con i piedi che affondano nella sabbia ancora calda e il rumore delle onde come colonna sonora. L’ho rivissuto a Zanzibar e in Australia, e posso confermare la mia passione per il capodanno in spiaggia, con la sabbia tra le dita dei piedi e le stelle come decorazioni, un lusso che nessuna festa esclusiva potrà mai eguagliare.
Madeira: un’isola, mille mondi

Madeira è stata una di quelle sorprese che il viaggio ti riserva quando meno te lo aspetti. Un mese e mezzo di workaway si è trasformato in un’esplorazione profonda di un’isola che sembra contenere tutti gli ecosistemi del pianeta. Ricordo ancora il primo levada walk, seguendo quei canali d’irrigazione centenari che serpeggiano tra montagne vertiginose e foreste primordiali.

Ogni giorno scoprivo sentieri nascosti tra la fitta vegetazione, percorsi che sembravano portare in mondi fantastici. La foresta di Laurisilva con i suoi alberi antichi coperti di muschio e licheni, dove la nebbia filtrava tra i rami creando un’atmosfera quasi mistica. Le scogliere a picco sul mare, dove l’Atlantico si infrangeva con una furia ipnotica. Le vette montuose da cui potevo vedere l’intera isola, come un modello in scala di un mondo perfetto.
Madeira mi ha insegnato che a volte i luoghi più straordinari non sono quelli più pubblicizzati o famosi, ma quelli che scopri con pazienza, passo dopo passo, permettendoti di immergerti completamente nel loro ritmo e nella loro essenza.
Viaggi di gruppo: condividere è moltiplicare

Non tutto il mio viaggio è stato in solitaria. Ho scoperto che condividere l’esperienza con altri viaggiatori moltiplica le emozioni e arricchisce la prospettiva. I viaggi di gruppo hanno rappresentato un capitolo importante del mio cammino, momenti in cui ho potuto scambiare storie, consigli e risate con persone provenienti da ogni angolo del pianeta.
Dalle escursioni organizzate in Perù, dove ci siamo svegliati all’alba per vedere vulcani e altopiani, ai falò sul lago Titicaca, dove l’adrenalina e la paura condivisa hanno creato legami istantanei. O ancora i cammini nella Valle de Cocora o nel Parco Tayrona.
Alcuni di questi compagni di viaggio occasionali sono diventati amici. Persone con cui, nonostante la distanza e il tempo, continuo a sentire e vedere. Perché quando trovi qualcuno che vede il mondo con i tuoi stessi occhi, con meraviglia, rispetto e curiosità, hai trovato un compagno di strada, anche se i vostri cammini si separano fisicamente.
Le persone: il vero tesoro del viaggio

Ma il viaggio non è stato solo natura, avventura e fauna selvatica. Ho conosciuto tantissime persone meravigliose lungo il mio cammino, anime che hanno lasciato impronte indelebili nel mio cuore.
Come dimenticare i primi couchsurfing in Colombia, dove perfetti sconosciuti, oltre ad aprirmi le porte di casa, mi lasciavano le chiavi dopo neanche 5 minuti, mostrandomi una fiducia che credevo non esistesse più. O chi, dopo avermi fatto scoprire la città, mi ha invitato alla comunione della figlia, regalandomi un’esperienza così autentica che da sola valeva il viaggio, un privilegio che nessuna guida turistica può offrire.
C’è chi mi ha aperto le porte di casa dopo pochi minuti di conversazione per non farmi dormire fuori durante una fredda e piovosa notte della Patagonia, dimostrando che la gentilezza umana non conosce confini. Chi mi ha ospitato per settimane trattandomi come un familiare e chi mi ha accompagnato mostrandomi le tradizioni della sua terra con un orgoglio contagioso che ha reso ogni visita un’immersione culturale profonda.
L’amore in viaggio: quando il cuore trova casa

E poi ho incontrato Marika, che prima è diventata la mia compagna di viaggio, poi di vita, e tra non molto diventerà anche mia moglie. Un amore nato e cresciuto in movimento, come un fiume che trova il suo corso naturale, dalla proposta di matrimonio al François Peron National Park in Australia alla celebrazione a Koh Tao in Thailandia. Non avrei mai immaginato di organizzare un matrimonio, tantomeno uno in giro per il mondo!
Vita nomade: Le lezioni della strada
Fare un riassunto di 7 anni non è facile. 7 anni di vita nomade in cui è successo praticamente di tutto e dove ogni giorno non è mai uguale al precedente o al successivo. Anni in cui non sai cosa succederà e devi essere pronto all’imprevisto, cercando di viverlo nel miglior modo possibile, come un surfista che cavalca l’onda invece di lasciarsi travolgere.

Questi anni mi hanno insegnato la calma e la pazienza. Ho imparato che la maggior parte delle situazioni non dipende da me e che innervosirsi non solo non aiuta, ma anzi peggiora la situazione, come gettare benzina su un fuoco che stai cercando di spegnere. Anche nei momenti più difficili bisogna cercare di rimanere calmi, respirare profondamente e trovare una soluzione con lucidità.
Non dimenticherò mai la mia esperienza nella Valle de Cochamó in Cile, dove a causa della forte pioggia avevo perso l’orientamento e il sentiero era completamente allagato. Un cammino che sarebbe dovuto durare qualche ora, durò tutto il giorno. Quando mi accorsi di aver girato in tondo per ore, lo sconforto mi colpì come un pugno allo stomaco. Ero fradicio, con uno zaino di quasi 18 kg sulle spalle che sembrava pesare una tonnellata. Fortunatamente, feci un bel respiro profondo, ritornai in me e mi rimisi in marcia, riscoprendo una determinazione che non sapevo di possedere, raggiungendo infine il campeggio.
O quando mi sono rotto la testa sulla Gibb River Road, lontano 2 giorni di viaggio dal primo ospedale, con il sangue che scorreva e avrei dovuto trovare un modo per fermarlo. Il viaggio, così come la vita, è fatto di imprevisti e sta a noi decidere come affrontarli, trasformandoli da ostacoli in opportunità di crescita.
Vivere controcorrente: una scelta consapevole
Ora, quasi alla soglia dei 40 anni, non ho una dimora fissa, un lavoro stabile e quella “sicurezza” che generalmente hanno i miei coetanei. Ma queste non sono le mie priorità, così come per un albero l’importante non è stare fermo, ma avere radici profonde che gli permettano di piegarsi nel vento senza spezzarsi.

Quando 7 anni fa decisi di stravolgere la mia vita, sapevo a cosa andavo incontro, anche se ammetto che credevo che alcune cose sarebbero state più semplici. Ma fa parte del gioco, della scoperta, dell’avventura. Le cose facili raramente sono quelle che ci cambiano profondamente.
Ho imparato a non dare troppo peso a ciò che si vede sui social, perché la maggior parte delle persone mostra quello che vuole farci credere, non la realtà delle cose, come vetrine illuminate che nascondono magazzini vuoti. Ho scoperto l’importanza di non seguire ciecamente stereotipi o modelli sociali solo perché “funziona così”, perché spesso ci troviamo a seguire mappe disegnate da altri per viaggi che non sono i nostri.
Conosco troppe persone che fingono di stare bene per scelte “quasi imposte” dal “cosa dirà la gente”. Ma le persone parlano a prescindere. Criticano senza conoscere e sapere, come chi giudica un libro dalla copertina senza aver letto una sola pagina. Ognuno di noi ha una storia, un’esperienza diversa e non deve dare importanza a quello che dicono gli altri. Perché alla fine, sul letto di morte, saranno i nostri ricordi a tenerci compagnia, non le opinioni altrui.
Il tempo, questo sconosciuto

A proposito del tempo, è la cosa più importante che abbiamo (insieme alla salute) e non va sprecato. Lui corre e più passano gli anni, più diventa veloce. Inizia lento come un bradipo e finisce rapido come un ghepardo, e noi non possiamo fare nulla per evitarlo, se non essere consapevoli del suo fluire e viverlo pienamente.
Ho promesso a me stesso che avrei vissuto una vita che mi avrebbe riempito il cuore di emozioni e la mente di ricordi. Una vita priva di rimpianti, perché il rimpianto ti logora dentro. Ti consuma come una ruggine invisibile. Una vita che mi darà la possibilità di morire con il sorriso ripensando alle cose fatte e vissute, non alle cose che avrei voluto fare e vedere, come pagine bianche in un libro che avrebbe potuto essere meraviglioso.
Vita nomade: Verso l’ignoto, ma senza paura
E se non ci riuscirò? Beh, questo non lo so, ma non potrò rimproverarmi di non averci provato. Perché alla fine, se ci riuscirò, forse sarò stato bravo e anche fortunato. Ma per ora l’unica cosa che posso fare è continuare a essere me stesso e VIVERE realmente la mia vita, non limitarmi a esistere in essa come un ospite passivo.

Ho imparato una cosa apparentemente scontata ma profondamente vera: la vita è una sola e non va sprecata. Sia che tu scelga di vivere in un appartamento in città o di vagabondare per il mondo, l’importante è che quella scelta sia veramente tua, che rispecchi i tuoi desideri più profondi, non le aspettative di altri.
Credete nei vostri sogni. Non mollate. Ascoltate i consigli, ma non fatevi condizionare. VIVETE la vita e non sopravvivete. Il tempo corre, come un fiume che scorre verso il mare senza mai tornare indietro, e prima che ve ne accorgiate, sarete a guardare indietro chiedendovi dove sono andati tutti quegli anni, come sabbia scivolata tra le dita.
E se un giorno sentite che qualcosa non va, che la vita che state vivendo non è quella che volevate, ricordate che non è mai troppo tardi per cambiare rotta. A volte basta un biglietto aereo di sola andata per ritrovarsi, come una farfalla che deve abbandonare il bozzolo per poter volare.
7 anni fa ho preso quel biglietto. E non sono mai tornato indietro. Perché a volte, andare avanti è l’unico modo per tornare davvero a casa, quella casa che non è un luogo fisico, ma uno stato dell’anima dove finalmente ti senti completo.